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giovedì 29 ottobre 2020

Un dolce "vintage": la cotognata.





 Nel giardino del casale ho trovato molti alberi da frutto già piantati e cresciuti, anzi alcuni decisamente vecchi: varietà comuni ed altre più rare, o antiche, o rustiche.

Tra queste cinque meravigliosi meli cotogni.

In primavera i loro fiori sono inaspettatamente belli, grandi e di un delicato rosa su rami scuri e dallo sviluppo armonico e quasi geometrico.

Tanto graziose le corolle quanto sgraziati i frutti: gibbosi e irregolari, con una peluria in superficie che sembra vecchia lana consumata, sono durissimi e praticamente immangiabili da crudi.

Ma come spessissimo accade nelle tradizioni contadine, ci sono ricette per sfruttare questi doni dall'involucro forse poco attraente ma dal contenuto delizioso.


La cotognata: confettura solida che ristora il cuore in inverno. I bambini di qualche decennio fa ne ricevevano pezzetti come caramelle o dolcetti, e le diverse varianti regionali da nord a sud ci ricordano quanto è splendido il nostro paese: dai sapori speziati del nord ai meravigliosi stampi in terracotta del sud.


Questa la ricetta che ho seguito io.


3 kg di mele cotogne

1 kg di zucchero di canna

1 limone

400 ml di acqua

1 cucchiaino di cannella



Pulisci la peluria delle cotogne e tagliale a pezzetti piccoli eliminando il torsolo ed eventuali parti rovinate, conservando la buccia. Man mano che le affetti metti le mele in pentola con l'acqua e il succo del limone.

Poni sul fuoco basso mescolando per circa mezzora o comunque finchè la frutta sarà diventata una purea; col frullatore a immersione riduci a consistenza omogenea, senza pezzettoni.

Aggiungi lo zucchero, la cannella, mescola bene e cuoci ancora circa venti minuti, finchè sollevando il composto con il cucchiaio esso non cade subito bensì rimane viscoso.

Versa la cotognata in stampini monoporzione oppure in stampi più grandi da cui poi taglierai i pezzetti con il coltello; gli stampi da cotognata tradizionali sono di metallo o di coccio, ma vanno benissimo quelli in silicone o antiaderenti.

Sbatti bene per livellare e lascia asciugare qualche ora. Dopodichè quando è ben sodo sforma il dolce, se hai usato stampi grandi taglialo a tocchetti e lasciali asciugare da tutti i lati, girandoli ogni tanto, per almeno due giorni.

Quando è tutto ben asciutto puoi riporre i pezzetti di cotognata in un contenitore ermetico oppure - come si usava una volta - avvolgerli nella carta oleata, carta forno o tessuto cerato e conservarli al fresco.


La cotognata si mangia da sola come dolcetto, oppure a colazione o per merenda sul pane come marmellata, o ancora a pasto come accompagnamento per i formaggi.

venerdì 22 maggio 2020

Antichi odori di Mediterraneo: feta aromatizzata sott'olio

Mi piace molto impiegare i sapori spontanei della natura, impregnarne i cibi e gli alimenti più semplici con procedimenti lenti e tradizionali: richiedono pazienza per il tempo necessario al riposo o alla maturazione, ma non necessitano di molto lavoro, nè di alcun attrezzo speciale.
Certo sono aromi e accostamenti alla buona, niente di sofisticato da grande chef: ma il genuino vince sempre sull'elaborato, secondo me.
Ecco allora la semplicissima, estiva e saporitissima ricetta della


Feta sotto'olio alle erbe aromatiche



Ingredienti: 
200 grammi di formaggio feta greco
5 foglie o rametti ciascuno di rosmarino, menta, salvia, timo
1 spicchio d'aglio
alcuni grani di pepe nero
250 ml circa di olio evo
vasetto di vetro con coperchio

Taglia a cubetti la feta, lava e asciuga le erbe, trita finemente l'aglio; poni tutti gli ingredienti in un vasetto di vetro di adeguata capacità, ben lavato e sterilizzato (anche il coperchio!).
Copri completamente con l'olio, chiudi benissimo e smuovi un po' sottosopra.
Lascia riposare al buio per almeno due settimane.


Questo contorno sprigiona puro odore di Mediterraneo, di estate assolata, di pietanze antichissime dalle radici millenarie. Io lo adoro!

domenica 30 giugno 2019

Antiche erbe per tingere e lavare: saponaria, mallo di noce, fiori e ghiande

Sono sempre interessata a scoprire produzioni belle e sostenibili, perché la modernità può portare benefici in molti campi, anche in uno antichissimo come quello del tessile.
Dall'altro lato però ho sempre i miei buoni vecchi strumenti e materiali, perché se una cosa funziona non si cambia 😊 ecco allora sull'aspo la lana di pecora brianzola filata a mano, in matassa la vedi binata (cioè doppiata per renderla più spessa e resistente), nel suo colore originale.
Con la saponaria, il fiore bianco, la posso lavare e con le ghiande mordenzare, ovvero preparare per ricevere la tintura. Con il mallo di noce qui davanti, o con i fiori gialli di solidago là dietro, oppure con mille altre piante ed erbe, la posso tingere impiegando lo stesso metodo usato per migliaia di anni dai miei predecessori.
Nel frattempo sto coltivando il cotone, per esplorare ancora un'altra strada.
Come vedi la natura non finisce mai i regali e le sorprese per noi.
I materiali per tingere e lavare la lana - saponaria, mallo di noce, solidago essiccati - sono disponibili in negozio 🌼


domenica 16 giugno 2019

Millequattrocento anni fa

Oggi sono a Lomello per la rievocazione longobarda 😊 il mio animo secchione di storica esulta 😁 
In effetti molti degli elementi che uso quotidianamente per lavorare si potevano trovare tal quali millequattrocento anni fa al tempo di Teodolinda e Agilulfo, le cui nozze sono ricordate in questa manifestazione.
Le erbe per tingere e per lavare, come la saponaria che vedi qui; la lana, filata a mano come questa con uno strumento del tutto simile, l'arcolaio a pedale; gli abiti in tessuti naturali come il lino e la lana.
È affascinante considerare che faccio gli stessi gesti che facevano i nostri avi dell'alto medioevo e anche prima, e a pensarci bene sospetto che sia uno dei motivi che mi ha spinta a fare questo lavoro 😁


lunedì 3 giugno 2019

Lana infeltrita: quando è un'arte

La lana non è tutta uguale: la più soffice e con le fibre più lunghe è filata per la maglieria o altri lavori di vestiario e per la casa, quello che faccio più di frequente.
Ma anche le fibre corte e più ruvide hanno un uso, anzi ancora più affascinante e artistico: il feltro.
Con il processo di infeltrimento - in parole semplici si rendono più fitte e compatte le fibre - la lana diventa "solida" e può essere letteralmente scolpita per creare oggetti tridimensionali, dipinti, accessori tradizionali o originali.
La lana si può infeltrire ad acqua o ad ago, con risultati molto diversi e affascinanti.
Questi batuffoli color pastello li ho preparati con la consulenza di Gioconda - Pupillae art dolls e sono adatti per il feltro ad ago: li ho tinti con fiori di solidago (giallo), cipolla di Tropea (verde), avocado (rosa) e cavolo (azzurro); la lana marrone, più lunga e indicata ad esempio per le capigliature delle bambole, è nella sua tonalità naturale.
Trovi il kit con i cinque colori in negozio.




giovedì 30 maggio 2019

Non tutte le ciambelle riescono col buco

Una pila dei miei errori: timbri sbavati, colori mosci, tinte sbagliate, piante belle ma poco resistenti, tagli troppo piccoli. Non tutte le ciambelle riescono col buco!
Questa è una selezione dei miei sbagli degli ultimi anni, non so perché mi è venuta voglia di metterli insieme e fotografarli. E ora che ci penso: perché li ho conservati?
La verità mi sembra chiara: in realtà mi piacciono, sono belli anche loro. E sono d'insegnamento ☺️


mercoledì 15 maggio 2019

Zero spreco e minimalismo: vanno a braccetto?

Zero spreco e minimalismo: vanno a braccetto?

Da un lato la ricerca di maggiore ecologicità porterebbe naturalmente verso il minimalismo: comprare poco, ridurre i bisogni, fare a meno di tanti oggetti e strumenti è un modo per non alimentare una produzione insensata di articoli e di conseguenza di rifiuti.
Ad esempio qualcosa che per me è abituale: non mi occorrono dieci utensili per fare ognuno una sola piccola e iperspecifica funzione, soprattutto in cucina; affetta-ananas, pela-aglio, leva-torsoli... mai avuti, un coltello fa queste stesse cose egualmente. Su questo sono certamente "minimalista", e anche qui ci vengono incontro le abitudini della nonna: quando l'asciuga insalata si romperà non lo ricomprerò, userò lo straccio come ha sempre fatto mia mamma e come faccio ancora io nella casa in montagna dove ho scarso spazio in cucina e poca attrezzatura.

Su altro però mi trovo in difficoltà, e i vari metodi per gettare via metà casa e liberare gli armadi mi mettono immediatamente ansia.
Sono sentimentalmente legata agli oggetti, ai ricordi, ai simboli; e soprattutto il non avere mai vissuto nell'abbondanza - ora ancor meno che quando stavo coi genitori - mi ha lasciato un certo senso di necessità, come la formichina della fiaba, ma esagerata: questo potrebbe servirmi, quest'altro è peccato buttarlo, quello può tornare utile e se lo butto dovrò ricomprarlo, quell'altro è costato molto, non posso gettarlo... ti riconosci in questi pensieri?
Una mentalità imbevuta di "riparare - riutilizzare - non sciupare" ha il rovescio della medaglia , un immagazzinare beni per il futuro che spesso diventa un accumulo ingestibile. Come la mettiamo? All'altro estremo delle abitudini consumistiche usa e getta c'è la tesaurizzazione degli oggetti e un conservare esagerato: come spesso avviene il giusto sta nel mezzo, credo. Cosa ne dici?